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Cos’è la narcolessia e come si può contrastare?

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La narcolessia è una patologia neurologica abbastanza rara che colpisce un individuo su 2.000, senza alcun tipo di distinzione di genere sessuale.

Il cervello di un individuo narcolettico non riesce a regolare il ritmo sonno-veglia e pertanto, a causa di una disfunzione dell’encefalo, le fasi del suo sonno non riescono ad avere un andamento regolare.

Questo fa sì che chi soffre di narcolessia lamenti uno stato di stanchezza e di forte sonnolenza durante tutto il giorno. Tale condizione è, infatti, caratterizzata da attacchi di sonno repentini, soprattutto durante le ore diurne.

La narcolessia è anche conosciuta come sindrome di Gelineau, prendendo il nome del primo scienziato che la descrisse accuratamente alla fine dell’Ottocento, mostrando anche le differenze tra questa patologia (che induce stati di sonno profondo e improvviso negli individui) e altre malattie dell’encefalo come, ad esempio, gli attacchi epilettici.

I sintomi della narcolessia

Solitamente, la narcolessia dà i suoi primi segnali durante il periodo dell’adolescenza ma in alcuni soggetti la patologia può presentarsi anche in età giovane e adulta, entro i 40 anni.

I sintomi legati alla presenza di tale patologia sono essenzialmente:

  • eccessiva sonnolenza (ipersonnia) diurna;
  • attacchi di sonno istantanei;
  • cataplessia;
  • paralisi del sonno;
  • allucinazioni ipnagogiche;
  • comportamento automatico;
  • sonno notturno disturbato.

Nello specifico, l’ipersonnia diurna e gli attacchi di sonno improvvisi (quei momenti in cui il soggetto perde coscienza e si addormenta qualsiasi cosa stia facendo e dovunque si trovi) sono il primo e il più importante sintomo della narcolessia.

Quest’ultimo, in molti casi si accompagna a fenomeni di cataplessia, la perdita temporanea (da pochi secondi ad alcuni minuti) del tono muscolare e ad altri disturbi del sonno. Tra questi: le allucinazioni ipnagogiche (quelle allucinazioni, a volte spaventose, che compaiono durante la fase iniziale e quella finale del sonno) e le paralisi del sonno, momenti, sempre di breve durata, in cui la persona pur trovandosi nel momento di passaggio tra il sonno e la veglia, ha coscienza dell’impossibilità di muovere qualsiasi muscolo.

La presenza di tutti questi segnali conferisce allo specialista la certezza che il paziente sia affetto da narcolessia. Non a caso, questi sintomi sono definiti dai medici come “tetrade della narcolessia”.

Il comportamento automatico e il sonno notturno disturbato sono altre possibili manifestazioni della narcolessia, ma presentano generalmente un’incidenza minore e spesso un carattere temporaneo.

Tuttavia, è fondamentale considerare che per una diagnosi di narcolessia non serve che siano presenti tutti i sintomi: nella maggior parte degli individui, infatti, la sintomatologia può essere varia e concentrarsi in un periodo breve di tempo.

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Come si diventa narcolettici: le cause

Quando si parla di narcolessia, bisogna tenere presente che la causa alla base di questa patologia è ancora perlopiù sconosciuta.

Secondo studi dell’ultimo decennio, una riduzione dell’ipocretina (un neurotrasmettitore cerebrale che viene prodotto dai neuroni che si trovano nell’ipotalamo) potrebbe contribuire all’insorgenza della narcolessia.

La funzione primaria dell’ipocretina è proprio quella di regolare le fasi del sonno e di favorire di conseguenza la normale alternanza di fasi REM e non REM. Una riduzione di ipocretina potrebbe, quindi, creare evidenti anomalie delle fasi del sonno.

A causare questo abbassamento potrebbe essere un’anormale reazione autoimmune dell’organismo, che potrebbe a sua volta avere origine da fattori diversi e non ancora del tutto chiari:

  • infezioni virali;
  • infezioni batteriche;
  • alti livelli di stress;
  • fattore genetico.

Va tenuto anche in considerazione, però, che alcuni soggetti narcolettici presentano livelli di ipocretina nella norma. Infine, tra le possibili cause della narcolessia va comunque tenuta presente la predisposizione genetica.

Sebbene solo l’1% degli individui con narcolessia riferisca di casi di narcolessia all’interno della propria famiglia, i fattori genetici aumentano la probabilità di contrarre tale patologia.

Narcolessia: come avviene la diagnosi?

Per ottenere una diagnosi di narcolessia occorre consultare uno specialista di disturbi del sonno.

Il medico, dopo anamnesi ed esame obiettivo, potrebbe richiedere alcuni test specifici che potranno essergli di supporto per la formulazione di una diagnosi definitiva.

Tra i primi test che potrebbero servire allo specialista del sonno troviamo:

  • polisonnografia;
  • test di latenza multipla del sonno;
  • scala di Epworth della sonnolenza.

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Nel caso questi primi esami non fossero sufficienti al professionista, questi potrebbe richiedere anche approfondimenti ulteriori, come:

  • puntura lombare;
  • risonanza magnetica al cervello.

Oggi, non esiste una cura definitiva per la narcolessia, ma i pazienti narcolettici possono mettere in atto una serie di provvedimenti volti a migliorare la sintomatologia e a ridurre gli attacchi di sonno improvvisi, con un conseguente miglioramento della loro autonomia e qualità di vita.

Avere una routine del sonno ottimale e dormire almeno 8 ore durante la notte può, ad esempio, ridurre gli attacchi di sonno durante il giorno. Così come possono rivelarsi molto utili dei brevi pisolini durante le ore diurne.

In alcuni casi, il medico potrebbe prescrivere anche dei farmaci per contrastare gli episodi di ipersonnia diurna e gli altri sintomi legati ai disturbi del sonno come le allucinazioni e le paralisi del sonno. Va sottolineato, però, che si tratta di farmaci che possono presentare effetti collaterali anche gravi e che quindi vanno assunti sempre sotto controllo medico.

Naturalmente, un attacco di sonno, in un periodo di stress o di carenza di sonno, può capitare a tutti e non deve creare allarmismi.

Quando, però, la sonnolenza diurna diventa continua e gli attacchi di sonno improvvisi si protraggono per un periodo medio lungo di 2-3 mesi, sopraggiungendo anche in momenti in cui si è attivi (mentre si sta mangiando, mentre si sta parlando), diventa fondamentale non temporeggiare ulteriormente e rivolgersi ad un esperto di medicina del sonno.

Una simile condizione potrebbe infatti far pensare proprio alla narcolessia: il narcolettico, come abbiamo visto, si addormenta in maniera improvvisa e del tutto inaspettata, in media circa ogni 120 minuti.

Dopo questo breve sonno si sente riposato ma questa condizione di benessere ha breve durata.

La narcolessia, se trascurata, può mettere a rischio la vita perché un soggetto narcolettico potrebbe addormentarsi mentre guida o mentre fa delle attività che richiedono vigilanza e concentrazione.

Rivolgersi tempestivamente ad uno specialista è importante per mettere in atto, una volta confermata la patologia, la migliore strategia possibile per ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita del paziente.

Articolo revisionato dalla Dr.ssa Emiliana Meleo.

La dr.ssa Emiliana Meleo è specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dottore di Ricerca in Neuroscienze.
Il campo di interesse, da anni, è la gestione delle problematiche respiratorie acute e croniche nei pazienti con patologia neuromuscolare; dalle tecniche di riabilitazione alla ventilazione meccanica invasiva e non invasiva.

Esperienze:
– Dal 2009 al 2010 collaborazione a tempo determinato, presso l’Istituto di Neurologia dell’Università “La Sapienza” per l’espletamento dell’attività di ricerca dal titolo ”Malattie Neurodegenerative invalidanti del giovane adulto e il loro impatto sulla qualità della vita”
– Docente per corsi e master universitari e corsi di formazione relativi alla gestione delle complicanze respiratorie, ventilazione meccanica invasiva e non invasiva, nei pazienti neuromuscolari
– Autore di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, frutto di collaborazioni con istituti di ricerca nazionali ed internazionali

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